Incontro con Umberto Galimberti, filosofo e psicoanalista, con intermezzi musicali a cura degli allievi del Conservatorio
Umberto Galimberti si immerge nell’inquietudine del nostro tempo per dare un nome alla nostra infelicità e liberare il nostro volo verso il futuro.
Per dirla con Spinoza, viviamo nell’epoca delle “passioni tristi” . Il riferimento non è al dolore o al pianto, ma all’impotenza, alla disgregazione e alla mancanza di senso: sentimenti diffusi, specchio di
una crisi profonda e sostanzialmente diversa da quelle che l’Occidente ha saputo superare nella sua lunga storia. Una crisi che tocca i fondamenti stessi della nostra civiltà e che è divenuta evidente nel momento in cui ci siamo accorti che il progresso e il benessere materiale non generavano automaticamente anche felicità. In quel momento il futuro, cui si era sempre guardato con ottimismo, come a una promessa, ha mutato il suo volto, iniziando ad apparire ai nostri occhi come una minaccia. E se il futuro manca, o se si presenta come peggiore del presente, perché impegnarsi? Perché sperare? Perché cercare un senso? Umberto Galimberti, uno dei più apprezzati filosofi contemporanei, s’immerge nell’inquietudine del nostro tempo arrivando là dove la tecnoscienza non potrà mai arrivare: a dare un nome alla nostra infelicità, per liberare il nostro volo verso il futuro.
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