Incontro con Cristina Andreolli.
La storia delle cave dei marmi policromi di Castione - più di una trentina sono le varietà accreditare, alcune denominate con titoli curiosi ed evocativi, ad esempio: “Mischio di Valcaregna”, “Pessatella”, “Brodefasoi”, “Salado”, “Canarino”, “Brocadello”, “Ziresol”, “Cors Brut”, “Rosso”, “Turchino”, “Giallo Castione”) - e delle plurisecolari realizzazioni artistiche uscite dal vetusto “Castrum Leonis”, nel medioevo “Castiglione”, paesello adagiato tra gli ameni castagneti del Monte Baldo settentrionale, affonda, come tutte le storie realmente importanti, nella leggenda. Si narra infatti che già i Romani conoscessero e sterrassero i marmi del posto, donde il nome del sito locale più ricco dei preziosi minerali, il Mons Jovis, ovvero l’attuale Monte Giovo, ad Est del borgo. Addirittura il divino Catullo avrebbe costruito le sue residenze termali sirmionesi con le pietre castionesi.
La storia saputa e documentabile è invero più recente, e mette radici nel Quattrocento, quando i veneziani, assieme alle altre innovazioni socioeconomiche che portarono alla strutturazione della società ‘lagarina’ così come l’abbiamo poi vissuta fino all’industrializzazione del Novecento, emisero le prime concessioni minerarie a favore esclusivo dei “capifamiglia di Castione”, compreso quel “jus primi occupantis” che ancora oggi riserva solo agli abitanti del borgo il “diritto di scavo della pietra senza alcuna contribuzione”. Fino a fine Cinquecento dalle “petrare” di Castione uscirono marmi utilizzati essenzialmente per gli abbellimenti (portali, stipiti, caminetti, monumenti, ecc.) di palazzi tridentini, della Repubblica Veneziana e del Ducato di Mantova (es. numerosi ville di Venezia, Palazzo Tè a Mantova e Palazzo Ducale di Marmirolo).
Fu per gli effetti della Controriforma e delle strategie espresse dal Concilio di Trento che iniziò a Castione l’attività di progettazione e realizzazione di altari barocchi, lo “stile bizaro e vago” (cit. Cristoforo Benedetti junior). Tra il Seicento ed il Settecento furono migliaia le opere realizzate dalle maestranza castionesi destinate ad “annullare illusivamente ogni distanza tra cielo e terra”, opere che ora troviamo in chiese piccole e grandi, in cattedrali, monasteri, residenze e castelli di mezza Europa, dall’Italia fino alla Polonia, passando per Slovenia, Croazia, Austria, Germania, Ungheria e Repubbliche Ceca e Slovacca. Una vera e propria epopea artistico-artigianale europea, resa possibile grazie al genio ed all’operosità di stirpi imprenditoriali quali quelle dei: Benedetti (gli iniziatori ed i maggiori esponenti), Sartori, Gaidon, Paina, Aiardi, Manzana, Sebellini, Bianchi, Canali, Villa, ecc. Con l’avvento della Rivoluzione francese e la diffusione dell’illuminismo, le commesse ‘altaristiche’ su Castione subirono diminuzioni per poi terminare.
Una terza epoca delle cave di Castione riguarda il Novecento e lo scavo del marmo “Giallo Castione”, utilizzato, ed esportato finanche in Colombia, per la produzione industriale di piastrelle e pavimentazioni per interni, ma anche per creazioni architettoniche, ad esempio quelle, anche imponenti, del Razionalismo di Adalberto Libera. L’ultima ditta di estrazione e lavorazione del marmo di Castione, la “Cooperativa Marmi Gialli”, serrò i battenti nel 1984, dopo aver realizzato l’’antipendio’ della chiesa di Brentonico. Oggi, come scrive lo storico Diego Leoni “Il paese sembra aver perso via via colore, ingrigito dalla perdita di identità che in quella storia e in quelle cave affondava le radici trovandone alimento. Rimane impressa nelle pietre di Castiglione la memoria della sua grandezza”.
Di tutto questo si parlerà a Brentonico sabato 29 settembre ad ore 17.00 nella Biblioteca comunale in occasione del primo appuntamento stagionale de “Gli Oracoli del Sabato”. Relatrice sarà la Prof. Cristina Andreolli, grande appassionata ed esperta del settore.
La partecipazione è libera e gratuita.
Evento segnalato da Comune di Brentonico